mercoledì 6 marzo 2019

La II Guerra mondiale PPT


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Racconto giallo


 
 Inauguriamo la nuova sezione "Scrittori in erba", in cui potete pubblicare i vostri racconti più belli, gli esercizi di scrittura creativa o... quel famoso discorso nel cassetto che non avete mai avuto il coraggio di fare!
Ricordate che il blog è soprattutto il vostro spazio, il vostro giornale, il luogo virtuale in cui dare voce a tutte le vostre fantasie ed emozioni.
Cominciamo con in racconto di Elisa, un bell'esempio di riscrittura a partire dal giallo a suspance letto in classe a giallo a enigma classico. Chi sarà il prossimo a voler pubblicare un suo scritto?

- “Chiediamo una pattuglia della polizia lungo la spiaggia; ci segnalano il ritrovamento di un cadavere in mare”.
15 MINUTI DOPO
-“Allora Steve, mostrami di cosa si tratta”, mi disse il maresciallo Paul, al quale io risposi prontamente: “Ecco cosa sappiamo: era un uomo di mezza età, forse 50 anni, da quanto stimato dalla scientifica, la quale afferma anche di aver trovato segni di escoriazione sulle mani, dovuti allo stritolamento di qualcosa come una corda". Paul rispose subito dicendo: “Sappiamo altro? Magari sul suo passato, sui suoi famigliari, amici... Nessuno ha denunciato la sua scomparsa?” ed io dissi “Niente mogli, né figli; sappiamo solo che, da giorni, è parcheggiata la sua auto qui vicino, aperta, e, per di più, abbiamo ritrovato dentro quest'ultima il suo cellulare, con sette chiamate perse, provenienti tutte dallo stesso numero, probabilmente un amico” e, scontrosamente, Paul mi rispose dicendo: “Non ho bisogno di probabilità, ma di certezze! Fai analizzare il cellulare dalla scientifica e ordina di rintracciare il mittente delle chiamate, subito!”. Io non potevo fare altro che dire “Agli ordini maresciallo. Risponda però alla mia domanda; c'è qualcosa che la turba?” e lui si avvalse della facoltà di non rispondere. Così provai a ripetere la domanda e, quando compresi che non mi avrebbe risposto, o almeno, non in quel momento, mi limitai ad attirare la sua attenzione; attenzione però che era stata già catturata da qualcos'altro, ma non capivo cosa. Improvvisamente, il maresciallo mi disse: “Santo cielo, vuoi chiudere quella bocca?! Devi solo fare una cosa adesso” ed io: “Cosa?...” dissi intimorito, e lui: “Seguimi”, e fu quello che decisi di fare per non finire nei guai. Io faccio sempre quello che mi viene ordinato, soprattutto se l'ordine parte da un mio superiore, ma il maresciallo mi stava portando lontano da tutti e non ne capivo la necessità! Poi, provai ad aguzzare meglio la vista, finché non mi parve di vedere quello che prima ritenevo fosse solo un piccolo scoglio... una scarpa. Fu solo allora che cominciai a correre , invitando anche il maresciallo con solo uno sguardo. “Maresciallo forza! Corra, corra!”. Arrivammo davanti a questa scarpa; la marea si era abbassata, pensavamo sarebbe stato semplice recuperare quello che sembrava essere un altro cadavere dall'acqua , ma ci sbagliavamo ; era pesantissimo: “Ma perché pesa così tanto?! Che ha mangiato del piombo?!” e così chiamai con il mio walkie talkie gli altri agenti, per un aiuto nel trasportare il corpo a riva. Era in una posizione strana, aveva braccia e gambe rivolte verso l’alto, ò non dritte, erano leggermente piegate verso l’interno, e questo mi portò a dedurre una cosa: “Quest’uomo non è arrivato in mare da solo, non l’hanno nemmeno affogato, l’intento era sicuramente quello di sbarazzarsi del cadavere, gettandolo in mare” e il maresciallo disse: “Ottima deduzione, ma questo non giustifica il perché pesi così tanto”. Quasi avevo ignorato le sue parole, perché avevo focalizzato la mia attenzione sul collo del cadavere, dove erano presenti evidenti segni rossi. Così, dissi, fiero di me stesso: “Quest’uomo è stato strozzato!” e prima che finissi la farse, il maresciallo Paul intervenne dicendo: “E no, è qui che ti sbagli; lui è stato strangolato, non strozzato” ed io: “Ma non è la stessa cosa?” il maresciallo rispose: “E no, chi strozza si serve unicamente delle sue mani, mentre chi strangola ricorre all’utilizzo di oggetti, ed è anche riconoscibile l’oggetto in questione: si tratta di una corda”, allora io lo bloccai dicendo: “Probabilmente la stessa che il cadavere, rinvenuto precedentemente, ha stretto con violenza tra le mani!” il maresciallo rispose: “Esatto! Ottima intuizione agente Steve!” ed io mi limitai ad accennare quello che poteva essere l’inizio di un piccolo sorriso”. Intanto, un altro agente che stava ispezionando il cadavere, trovò dei pesi di ferro nelle tasche del defunto. Tutto era più chiaro, serviva solo una conferma: l’arma del delitto. Ci dirigemmo verso l’auto appartenete alla vittima vicino la costa, e, cominciammo a cercare ovunque la prova; sotto i sedili, nei piccoli cassetti, ma, come ogni delitto che si rispetti, l’arma era riposta all’interno del bagagliaio. Improvvisamente si avvicinò a me una ragazza della scientifica: “Agente, come ci aveva richiesto, ecco a chi è intestato il numero: si chiama Matthews Sott, è un medico legale, si intende soprattutto di avvelenamenti e, a quanto pare, conosceva la vittima, o forse dovrei dire, l’assassino, da quanto ho capito” ed io dissi: “Bene. Grazie. Penso che faremo una telefonata urgente al dottor. Matthews” e così fu. Ordinammo (io e il maresciallo) a tutti gli altri uomini di rientrare in caserma e tenere da parte tutte le prove per realizzare un piccolo schema riassuntivo su quanto sapevamo già. Successivamente, io ed il maresciallo Paul, ci dirigemmo verso l’auto della polizia assegnata a me, e, una volta a bordo, chiamammo il dottor. Matthews; “Drin! Drin!...Drin! Drin!” – “Pronto?” – “Salve, lei è il dottor. Matthews?” – “Sì, con chi parlo?” – “Salve, sono il maresciallo Paul, corpo della polizia, dovremmo discutere riguardo un suo conoscente… potrebbe gentilmente collaborare?” – “Certo, ma in che modo?” – “Purtroppo non conosciamo il nome della persona in questione, abbiamo solo ritrovato il suo cellulare con sette chiamate perse partite tutte dal suo numero” – “O mio Dio… Slade? Cosa gli è accaduto?” – “È difficile parlare al telefono, ci dica dove abita, la raggiungeremo in un istante” – “Ma certo… abito in via… al numero…” – “Grazie per la collaborazione, arriviamo” e poi si rivolse a me dicendo: “Sai cosa devi fare” ed io, che l’avevo capito con solo il suo sguardo, accesi le sirene e arrivai a 100 Km/h in cinque minuti, direttamente all’abitazione del dottor. Matthews. Suonammo il campanello; era un uomo benestante, abitava in una unifamiliare molto grande, con un giardino esterno ben curato, si capiva subito la sua passione per il giardinaggio, poiché era trattato a mano, dato che aveva alcune piantagioni di fragole e pomodori con tutti i suoi attrezzi da principiante ai loro piedi. Ad aprire la porta fu un uomo all’incirca di cinquant’anni, con degli occhiali appesi al collo e gli occhi pieni di lacrime. – “Salve, possiamo entrare?” – “Certo” rispose Matthews. – “Allora, cominciamo con le domande; lei conosceva quest’uomo?” – “Io… io penso di sì, solo lui ho chiamato per molte volte, precisamente sette…” – “Allora mi saprà dire anche il suo nome?” – “Si chiama… chiamava…” e cominciò a piangere talmente forte che quasi si percepiva il dolore che provava! – “Intanto che lei si calma, parliamo noi. Abbiamo trovato la sua auto parcheggiata lungo la costa, dentro il bagagliaio di questa macchina c’era una corda e, sopra il sedile dell’auto, un cellulare, con le sue chiamate perse. Abbiamo ritrovato a riva il corpo di quest’uomo, e, alcuni metri più avanti, un altro corpo, stavolta immerso nell’acqua, con dentro la giacca, dei pesi di ferro e irrigidito in una posizione simile a quelle che si assumono quando si viene trasportati a cavalcioni sulla schiena di un altro. Noi abbiamo ritrovato segni di strangolamento sul collo della seconda vittima, e segni di escoriazione sulle mani della prima. Se colleghiamo tutti gli indizi, il suo amico ha guidato fino in spiaggia e, a bordo dell’auto era presente anche l’altra vittima, strangolata successivamente dal suo amico, il quale l’ha caricata sopra la sua schiena con dei pesi, probabilmente per nasconderlo nel mare e lasciarli lì, sul fondo. Ci manca solo n tassello; il movente e, soprattutto, c’è ancora una cosa che non ci è chiara; noi il corpo della vittima, l’abbiamo rinvenuto che fuoriusciva dall’acqua, e non capiamo come il suo amico pensasse di nasconderlo praticamente a riva e non più giù…” lì mi fermai; realizzai che voleva parlare il dottor. Matthews: “La sera del 27 settembre, io cenai con lui a casa sua. Discutemmo di un argomento macabro: come nascondere i corpi, e, inizialmente, nemmeno avevo pensato a quanto macabro fosse, e nemmeno mi sono posto delle domande su questa conversazione. Di fatto, mi stavo anche divertendo perché in fondo, stavo parlando con un mio amico, e lui era d’accordo con me, qualunque cosa dicessi, o almeno, così sembrava” – “E poi cosa successe?” – “Io tornai a casa, e da lì, non lo vidi più” – “Ha notato qualcosa di particolare? Sapeva qualcosa su di lui?” – “Sapevo che era indebitato, nient’altro” – “È tutto?” – “Sì, credo proprio di sì” – “La ringraziamo per l’aiuto; ci dica solo dove abitava il signor…” – “Slade, William Slade. Se non erro, abitava in via… al numero…” – “Grazie dell’aiuto!”. Eravamo quasi fuori la porta quando: “Aspettate un momento… ora che ci penso, era una serata tempestosa quella, e c’era la luna piena; forse, il mio amico non ha sbagliato, forse, e dico forse, aveva già premeditato tutto prima della cena con me. Sapeva magar che ci sarebbe stata l’alta marea”. Io e il maresciallo ci guardammo per un secondo, poi parlò il maresciallo: “E lei sapeva anche con chi era indebitato?” – “Sì, credo di sì, era un certo Spalding, me ne ha parlato qualche volta” – “È sicuro che non sa nient’altro?” – “Se magari posso venire con voi anche a casa di Slade, potrebbe venirmi in mente qualcos’altro…”. Io e il maresciallo annuimmo ed entrammo nell’auto, pronti per andare a casa di Slade. Durante il tragitto, nessuno di noi aprì bocca, tranne in un momento quando, il dottor. Matthews disse: “Mi è anche venuto in mente che prima che io mi allontanassi di molto da casa di Slade, proprio mentre ero fermo al semaforo, l’ho viso uscire di casa, salire a bordo della sua macchina e partire verso la stazione. So anche che quella sera, Spalding era di ritorno con il treno, ma non so a che ora e non so da dove faceva ritorno, anche se non penso sia importante”. Eravamo ormai arrivati quindi a destinazione, dovevamo solo buttare giù la porta ed entrare. Ciò accadde nel giro di pochi minuti. Una volta entrati, ispezionammo ogni angolo della casa per cercare gli indizi; era una casa piccola, sarebbe stata semplice e veloce la ricerca, questo almeno è quello che credevamo noi. Trovai un indizio dopo ben 15 minuti che cercavo e cercavo; si trattava di un libro, chiuso, sui “Thug”, membri di una setta indiana che spiega e racconta le tecniche di strangolamento. Guarda caso, c’era un segnalibro, e, quando aprii il libro alla pagina contrassegnata da quello che era un pezzo di un cartone della pizza, la mia attenzione venne catturata dalle parole evidenziate che parlavano di uno strangolamento tramite una corda. Lo mostrai al maresciallo, il quale aveva invece trovato un post-it sotto la scrivania di Slade con su scritto testuali parole: “Ore 22:02, arrivo” e poi il suo computer con una finestra del meteo aperta e la freccia del mouse che puntava sulle fasi lunari e le maree. Ormai avevamo trovato tutti gli indizi, dovevamo solo tornare alla stazione di polizia. Eravamo usciti, avevamo risolto il caso, se non fosse per un piccolo problema; mentre eravamo in macchina, fermi ad un semaforo, sentiamo sia io che il maresciallo, qualcosa che spingeva contro le nostre tempie e, d’improvviso, il nulla. Proprio così, quel dottore da quattro soldi ci aveva rubato le pistole e, ci aveva uccisi. Perché? Di certo io non lo so. Forse per rivendicare la morte del suo amico psicopatico? Di sicuro né io né il maresciallo possiamo più indagare. E nessuno ci ritroverà mai perché nasconderà chissà dove i nostri corpi. Qualcosa mi dice che dovevamo avere molta più prudenza nei suoi confronti.